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La lotta interna al OPEC+ accende il mercato del greggio

Intervista esclusiva a Giovanni Staunovo, analista dell'istituto svizzero UBS

Armando Madeo by Armando Madeo
31 Gennaio 2022
in Energetici, Petrolio
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Fonte Foto: UBS
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Può un colpo di spugna cancellare le divergenze fra Emirati Arabi ed Arabia Saudita? Lo abbiamo chiesto a Giovanni Staunovo, analista della società svizzera UBS group

Nella tarda serata di ieri il segretario generale dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, Mohammad Sanusi Barkindo, ha comunicato alla stampa di aver “annullato” la 18° riunione OPEC+. Dopo tre giorni di estenuante confronto le posizioni di Emirati ed Arabia Saudita non sono cambiate e questo ha portato alla chiusura dei lavori senza che sia stata presa decisione alcuna.

L’impossibilità di poter produrre un documento congiunto ha fatto si che i mercati del greggio piombassero nel caos nel caos più totale con un altalena dei prezzi che sono nell’immediato saliti ai massimi ( ritenendo che il mancato accordo possa tardare l’aumento di produzione e dunque lasciare il mercato in deficit di offerta) per poi sprofondare di colpo sulle prese di profitto e le voci che un possibile accordo verrà raggiunto entro la fine di Luglio.

Nella frenetica giornata di contrattazioni odierna il petrolio WTI ha raggiunto un massimo di 76,98 dollari per barile, livelli visti l’ultima volta nel 2014 e mai più raggiunti dal mercato fino ad oggi. Nel pieno della speculazione i prezzi del petrolio sono aumentati di oltre il 45% in questa prima metà dell’anno, adiuvati dalla ripresa della domanda, dalla cancellazione delle misure restrittive adottate dai governi a seguito della pandemia e dai massicci tagli del gruppo OPEC+

Al fine di meglio comprendere l’attuale stallo del gruppo OPEC+ ed i fondamentali del mercato del greggio abbiamo intervistato in esclusiva Giovanni Staunovo, analista delle materie prime per il gruppo UBS. Mr. Staunovo ha seguito con dovizia di particolari dall’inizio alla fine questo lungo meeting dei membri OPEC non OPEC ed è stato felice di rispondere alle nostre domande. Ringraziamo a tal proposito la divisione Media Relations della banca UBS.

 

A seguire l’intervista integrale

Dott. Staunovo anzi tutto grazie per aver accettato questa intervista. I membri del OPEC+ hanno dovuto abbandonare ogni tentativo di negoziato, essendo le distanze fra Emirati ed Arabia Saudita non colmabili in poche ore. Ricordando che temi quali l’estensione dei tagli e l’aumento della produzione necessitano dell’unanimità del consesso, cosa ne pensa della scelta di rinviare le discussioni a data da destinarsi? Nell’immediato futuro a quali conseguenze andrà incontro il mercato petrolifero?

Visto che il mercato del petrolio era già in deficit di offerta prima dell’ultimo meeting del OPEC+ e che attualmente la crescita della domanda supera la crescita della offerta, la mancanza di un accordo sull’aumento della produzione da parte del OPEC+ può solo aumentare ulteriormente questo deficit. Questo è il motivo per cui il prezzo del petrolio Brent ha superato quota 77 dollari al barile. Questo livello dei prezzi non farà altro che aumentare la pressione sul OPEC+ da parte dei paesi consumatori quali Stati Uniti ed India. Dato che le consultazioni continueranno nei prossimi giorni è lecito aspettarsi che un accordo potrebbe ancora essere raggiunto dai membri del cartello.

Il punto chiave sembrerebbe essere la base di produzione: gli Emirati dal 2019 ad oggi hanno aumentato la loro capacità produttiva e per questo chiedevano un aggiornamento della base. Perché non si è scelto di aumentare soltanto la produzione lasciando invariata la data di termine dell’accordo?

Questa sarebbe stata la via più semplice per raggiungere un accordo, visto che tutti i membri del OPEC+ erano favorevoli ad un aumento. Visto che le stime del OPEC mostravano un rischio di un eccesso di produzione il prossimo anno nel caso in cui l’accordo fosse terminato nell’ Aprile del 2022, il ministro saudita Principe Abdulaziz voleva avere una soluzione anche per questo “problema”.

Il ministro del petrolio saudita ha affermato che alla riunione erano tutti d’accordo tranne gli Emirati, volendo così sottolineare che l’unità del gruppo non è in discussione. Come ne esce l’immagine dell’Organizzazione ora? Gli Emirati Arabi Uniti potrebbero scegliere di abbandonare il gruppo per essere così liberi di produrre?

Il ministro emirato al Mazroui ha detto, che gli Emirati Arabi Uniti non hanno intenzione di lasciare l’OPEC. Chiaramente tensioni all’interno del gruppo non sono mai favorevoli, sebbene alcuni analisti asseriscano che il gruppo funziona bene solo quando è sotto pressione, ovvero quando il prezzo è basso.

Guardando ora agli Stati Uniti, l’aumento dei prezzi del greggio è strettamente correlato all’aumento dell’inflazione, vista la relazione con i distillati e la benzina. Questi livelli di prezzo stanno danneggiando la ripresa economica americana?

L’aumento dei prezzi potrebbe avere un impatto sulla crescita della domanda, ma attualmente l’economia mondiale sta approfittando della ripresa post Covid. Tanti vogliono viaggiare e sono disposti ad usare i risparmi dell’anno passato, quando non era semplice a viaggiare.

Altro punto fondamentale è la produzione di Shale oil. Molti analisti sono d’accordo nel sostenere che siamo di fronte ad una terza ondata di produzione, differente dalle precedenti per la minore velocità con la quale cresce il numero di nuovi impianti. La pandemia e le politiche verdi hanno avuto di certo un impatto sull’estrazione di Shale Oil. Cosa dobbiamo aspettarci dai produttori americani? Colmeranno il gap ora che i prezzi rendono conveniente produrre olio di scisto?

I produttori di shale continuano a sostenere che una “capital discipline” rimane importante, ovvero non investire in crescita di produzione, ma distribuire più dividendi ai propri azionisti e ridurre i propri debiti. Anche l’elevata capacità di produzione del OPEC+ e l’incertezza circa lo sviluppo della domanda di petrolio sono ulteriori motivi per un approccio più cauto. Comunque la “capital discipline” non vuole dire austerità, ed un aumento della produzione di Shale Oil è certamente atteso.

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Tags: benzinacommodityMaterie PrimeMercatinewsOPECpetrolioquotazioniTrading
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